Impugnare licenziamento: quanto tempo ha il lavoratore per farlo?

Vediamo quanto decade il tempo per contestare il licenziamento, sia verbale che scritto e come procedere con l’impugnazione giudiziale e stragiudiziale.

 

Il lavoratore che viene licenziato può opporsi e contestare la scelta del datore di lavoro ma può farlo soltanto se rispetta i termini temporali fissati dalla legge. Il diritto all’opposizione al licenziamento, infatti, decade se si ritarda nell’effettuare la richiesta, anche di un giorno soltanto.

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In questo articolo vedremo quali sono i tempi entro i quali si può impugnare il licenziamento e come si può contestare il provvedimento adottato dal datore di lavoro. Ricordiamo però che c’è un’eccezione che fa decadere i termini per opporsi: è il caso in cui il licenziamento viene annunciato in maniera verbale, visto che la normativa stabilisce che il provvedimento può essere manifestato soltanto in forma scritta.

Tempi per impugnare il licenziamento

La legge fissa in 60 giorni i termini per l’impugnazione del licenziamento. Entrando più nel dettaglio, il procedimento si compone di due diverse fasi:

  • Fase stragiudiziale: si verifica nel momento in cui il lavoratore invia al datore di lavoro una lettera in cui annuncia la sua volontà ad opporsi al licenziamento.
  • Fase giudiziale: è la fase che comincia con la deposizione del ricorso al tribunale e che prosegue con la notifica del provvedimento intrapreso al datore di lavoro.

Ci sono delle tempistiche che vanno rispettate per entrambe le fasi. Il lavoratore deve inviare via Pec o con posta raccomandata a/r la lettera al datore di lavoro in cui lo avvisa dell’intenzione di opporsi al licenziamento entro 60 giorni dal momento in cui ha ricevuto la lettera di licenziamento. Il documento può essere generico e non riportare i motivi per cui ci si oppone alla decisione del datore di lavoro.

Lo stesso lavoratore entro 180 giorni dalla spedizione della lettera deve procedere con il deposito in tribunale del ricorso. Lo può fare tramite un legale oppure deve avvisare la controparte della possibilità di risolvere la controversia con un tentativo di conciliazione o arbitrato.

Il ricorso al contrario della lettera deve essere molto dettagliato e riportare tutti i vizi contenuti nel provvedimento intrapreso dal datore di lavoro. In esso vanno indicati tutti i documenti utili e può contenere anche la richiesta di acquisire prove, come l’ascolto di eventuali testimoni. Se non vengono rispettati tutti questi termini viene meno il diritto di opporsi al licenziamento.

Sarà poi il giudice a fissare con un decreto la data dell’udienza. L’avvocato del lavoratore a quel punto dovrà richiedere la copia autentica del ricorso per poi inviarne la notifica al datore di lavoro. Può capitare che la controparte rifiuti l’arbitrato o la conciliazione oppure non si arrivi ad un accordo. In tal caso ci sono 60 giorni di tempo per presentare ricorso al giudice, pena la decadenza del procedimento.

Come impugnare il licenziamento in forma verbale

Come anticipato il datore di lavoro può procedere con il licenziamento soltanto in forma scritta visto che la legge non ammette che ciò avvenga per via orale. Affinché sia valido il licenziamento può essere comunicato con un sms o con una mail, purché ci sia la prova che la notifica è stata letta. Il licenziamento in forma verbale non è ammesso e il lavoratore che riceve la comunicazione in questo modo può anche non mandare la lettera di contestazione entro i 60 giorni previsti né seguire il termine dei 180 giorni. L’unico limite che deve rispettare per evitare che il procedimento cada in prescrizione sono i 5 anni dalla fine del rapporto lavorativo.

Deposito del ricorso in tribunale contro il licenziamento: i termini

In linea generale per evitare la decadenza dei termini per depositare in tribunale il ricorso contro il licenziamento è sufficiente rispettare i 180 giorni suddetti. Tuttavia ci sono alcune differenze che incidono sui termini:

  • Viene applicato il termine di 60 giorni se il datore di lavoro rifiuta la richiesta del lavoratore di arbitrato e conciliazione;
  • Si adotta il termine di 180 giorni anziché di 60 quando il datore di lavoro accetta la procedura di arbitrato o conciliazione avanzata dal lavoratore ma poi si giunge ad un mancato accordo;
  • Quando la proposta del lavoratore viene accettata ma poi il datore di lavoro non presenta la memoria di difesa entro 20 giorni, cioè non la deposita, si è di fronte ad una procedura non accettata. In tale caso per il deposito in tribunale del ricorso torna valido il termine di 60 giorni.
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