Pensione anticipata ordinaria, l’opzione sparirà nel 2023?

La pensione anticipata ordinaria consente di lasciare il lavoro con 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne. Resisterà ad una eventuale Riforma?

Tanti lavoratori si chiedono se nel 2023 potranno uscire dal mondo del lavoro chiedendo il pensionamento anticipato.

pensione anticipata 2023
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La Legge di Bilancio 2023 chiarirà, finalmente, le modalità di pensionamento per l’anno 2023. I lavoratori attendono da mesi notizie su eventuali cambiamenti del sistema pensionistico italiano sperando in una maggiore flessibilità. Le ultime notizie parlano di un abbandono dell’ipotesi di Opzione Uomo, di una possibile Quota 41 con paletto anagrafico o di Quota 102 modificata. La proroga di Opzione Donna e dell’APE Sociale, invece, è quasi certa dato che non pesa sulle casse dello Stato. Tra le certezze, poi, ci sono la pensione di vecchiaia per lasciare il lavoro a 67 anni con 20 anni minimi di contributi, la pensione per precoci e la pensione anticipata ordinaria. Queste tre misure, infatti, resteranno in vigore fino al 2024. Sono gli strascichi della Legge Fornero, norme strutturali sempre valide a differenza delle forme temporanee come Quota 100, poi Quota 102 e così via. Le tutele strutturali hanno il vantaggio di non poter essere toccate, nemmeno da un nuovo Governo con una nuova Legge di Bilancio.

Pensione anticipata ordinaria, non sarà un addio

Niente paura, dunque, per i lavoratori che intendono lasciare il lavoro nel 2023 raggiungendo i requisiti per accedere alla pensione anticipata ordinaria. Lo scivolo sarà ancora attivo e con le regole attuali. Ciò significa che – punto importante – non saranno applicati gli scatti legati alle aspettative di vita. Questi sono bloccati, infatti, fino al 31 dicembre 2026.

Ricordiamo, poi, che i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi prima del 1° gennaio 1996 per soddisfare il requisito contributivo di 42 anni e dieci mesi o 41 anni e dieci mesi dovranno aver maturato almeno 35 anni di contribuzione al netto del periodi di malattia, disoccupazione o prestazioni equivalenti. Coloro che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 1° gennaio 1996, invece, devono sapere che il sistema di calcolo utilizzato sarà quello contributivo. Non valgono i contributi derivanti dalla prosecuzione volontaria mentre la contribuzione accreditata nei periodi lavorativi precedenti al raggiungimento della maggiore età sarà moltiplicata per 1,5.

Ci saranno altri scivoli?

Nei piani del Governo c’è l’intenzione di introdurre nuove misure pensionistiche di uscita anticipata dal mondo del lavoro. I 42 anni di contributi, infatti, sono difficili da raggiungere soprattutto per chi ha frequentato l’università. I lavoratori chiedono più flessibilità e Quota 41 con il paletto dell’età anagrafica (62/63 anni) continuerebbe a non accontentare molti lavoratori.

Da qui l’ipotesi di una proroga dell’APE Sociale e di Opzione Donna nonché la sostituzione di Quota 102 con una misura più flessibile. Ad esempio la possibilità di raggiungere la quota con diverse combinazioni tra età e contributi (62 anni di età e 40 di contributi, 63 e 39, 61 e 38…) restando nel range 61/66 anni di età e non scendendo sotto i 35 anni di contribuzione. Poi la Legge di Bilancio 2023 dovrebbe definire le tutele per i giovani con carriere discontinue e incentivare alla previdenza complementare per un intervento efficace sul sistema previdenziale.

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